Il Cous Cous

storia e tradizione

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  1. M U R P H Y
     
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    Il Cous Cous. Cos’è

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    Ci sono storie da raccontare per ogni piatto. Possono essere più o meno varie o misteriose ma solitamente tutte sono interessanti, perché hanno molto a che vedere con abitudini, costumi, stili di vita… Cultura in una parola.
    La storia del cous cous comincia tra gli Imazighen, i berberi, il popolo delle montagne e delle valli del Nordafrica, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Hanno lasciato poche testimonianze storiche, forse il loro retaggio più apprezzato si sta cominciando a riscoprire ed apprezzare solo oggi.
    Con i cereali – il frumento, ma soprattutto l’orzo, il miglio e il sorgo – queste popolazioni nomadi preparavano «pappe» con acqua o latte (sekso, kskso, kuskus, kusksi nelle lingue berbere).
    Il cous cous, con la sua sofisticata cottura al vapore, ne costituisce, di fatto, un ulteriore sviluppo, talmente caratteristico da comparire di frequente nei resoconti dei viaggiatori europei nel Maghreb: «Il loro migliore piatto è il couscoussou. Lo fanno con la farina, le uova, il sale e lo zucchero, alla maniera dei nostri frascarelli o menofate, come si dice in Lombardia». (Don Juan d'Austria, 1573).

    Il termine cous cous sta ad indicare sia la semola che il piatto completo, nella sua terra d’origine, dal Marocco alla Libia. Questa semola si presta ad una varietà infinita di piatti: da quello più semplice come lo smen, un burro fermentato e un bicchiere di latte cagliato, ai ricchissimi cous cous delle feste di matrimonio e di ricevimento.
    Nella tradizione nordafricana veniva preparato una volta l'anno dalle donne del clan che “ruotavano” la semola nella mafaradda per “incocciarla” con l'aiuto di qualche goccia d'acqua salata.
    Una volta incocciata la semola e condita con olio d’oliva, le donne arabe la mettevano a cuocere in una pentola bucata posta sopra un'altra piena d'acqua bollente. Tolto dal fuoco dopo circa una ventina di minuti, il cous cous veniva lavorato ancora con acqua e sale, e rimesso a cuocere.
    Questa operazione veniva ripetuta per due o tre volte. Infine il cous cous cotto veniva steso sulle stuoie, fatto asciugare e riposto in sacchi di stoffa. Il cous cous costituiva, dunque, un alimento già pronto, facilmente trasportabile e non deperibile.
    Per i nomadi bastava accendere il fuoco, preparare il brodo di carne, su cui, a vapore, scaldare il cous cous ed il pranzo era pronto! Altri popoli, invece, non essendo nomadi e dunque non avendo necessità logistiche particolari da assecondare, ne hanno fatto un piatto stanziale, occasionale, da preparare al momento. Sebbene “l'incocciata”, ridurre, cioè, la semola in grani (un gesto ritmico e metodico, quasi un rito antico) e la cottura a vapore nella couscousiera siano fasi della preparazione pressoché identiche in ambedue le modalità di consumo.
    Il cous cous viene tolto dal fuoco dopo circa due ore di cottura, versato nella mafaradda e qui condito (abbiviratu) ad arte, prevalentemente con brodo di pesce, ma anche in un’infinità di altri modi. Tanti quanto i Paesi che questo piatto giramondo ha attraversato.

    La coreografia che accompagna la presentazione del piatto ha una sua importanza e non va trascurata.

    Non dimentichiamo, del resto, che il cous cous è un piatto, ma anche un passe partout verso una cultura ed un modo del tutto particolare d’intendere la vita ed i riti che la scandiscono.
    Tradizionalmente il cous cous viene servito in un grande piatto rotondo, con la carne o il pesce e le verdure al centro. Il brodo va servito in una ciotola a parte, e ogni commensale può aggiungerlo a piacere.
    Il cous cous si mangia con il cucchiaio (i più “esperti” lo mangiano anche con le mani) e ognuno attinge alla porzione davanti a sé nel piatto (non ci sono piatti individuali), una condivisione che sicuramente aumenta la convivialità ed esalta il valore simbolico.
    Non dimentichiamo che il linguaggio dei segni è quanto mai importante nelle modalità di consumo di questo piatto dalla storia antica. Preparare e consumare il cous cous sono attività legate alla partecipazione religiosa e non a caso questo piatto viene spesso offerto ai poveri in occasione della sadaqa, l’elemosina.

    Si ritiene anche che il cous cous sia portatore di baraka, la grazia divina, e per questo motivo prima della preparazione la massaia debba pronunciare un’invocazione pia e durante non dovrebbe vedere né sentire nulla che possa essere di malaugurio.
    Inoltre è anche il piatto tradizionale del pranzo del venerdì, il giorno della preghiera collettiva musulmana e delle occasioni speciali, come la festa del ritorno dei pellegrini dalla Mecca.
    Per le comunità ebraiche originarie del Maghreb invece, il cous cous è il piatto per eccellenza del venerdì sera, il primo pasto dello shabbat, il riposo settimanale, atteso nelle case e nelle famiglie “con la stessa gioia con cui si riceve una sposa”, come recitava un’antico proverbio.




    Fonte CousCousFest
     
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  2. manu78
     
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    Il Cous Cous è alla base di molti piatti tunisini, tutti ovviamente buonissimi!
    A parte le varianti con carne, pesce o verdure ne esiste anche una dolce che a me personalmente piace troppo!
    Il procedimento è semplice: fate cuocere il couscous nel modo tradizionale (tipo vapore per intenderci!), una volta cotto aggiungete burro, zucchero, un pochino di olio e datteri (o uvetta)
    Se volete potete servirlo in un piatto "annegato" con latte tiepido
    Provatelo...è buonissimo!!!!!!
     
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1 replies since 4/10/2008, 16:32   413 views
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