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La meravigliosa porta dell’Arte
Sono tanti i motivi per cui Kairouan è nota nel mondo.
Gli amanti dell’arte la conoscono perché il pittore svizzero Paul Klee gli ha dedicato uno dei quadri più apprezzati “Alle porte di Kairouan”
Gli storici e gli esperti d’islamismo l’hanno studiata sui libri come prima città islamica del Maghreb. Per gli archeologi e gli storici d’arte è salita sull’altare delle bellezze del pianeta quando nel 1988 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Per religiosi e teologi è soprattutto la quarta città santa al mondo, dopo la Mecca, Medina e Gerusalemme, nonché tappa di pellegrinaggio perché sede della più antica moschea del mondo islamico, la Grande Moschea, fondata nel 670 dal generale arabo Oqba Ibn Nafi.
Ai cinefili è nota per essere stata utilizzata come set di alcune scene dei film “Indiana Jones” e “L’ultima Crociata”. Chi ancora non conosce Kairouan quest’anno ha un’occasione in più per visitarla perché la città tunisina è stata scelta come capitale culturale islamica del 2009.
Il taglio del nastro delle celebrazioni ufficiali è avvenuto il 13 febbraio 2009 e il calendario è fittissimo di appuntamenti, ma già da molti mesi la città ha cominciato ad animarsi di pittori, poeti, intellettuali, scrittori, giornalisti e curiosi pronti a scoprire e raccontare i segreti di Kairouan.
Si, perché si dice che sotto ogni palazzo della città ci siano ancora tesori non trovati: gioielli, oro, monete, pergamene, libri nascosti da antenati di varie generazioni prima dei viaggi verso la Mecca sotto le mattonelle per proteggerli dai ladri.
Kairouan è la città delle luci, dei fantasmi, delle cupole bianche e delle porte blu, ma soprattutto una città dal passato glorioso.
Rivalutare e far conoscere l’importante ruolo di Kairouan nella storia del mondo islamico è, infatti, uno dei principali obiettivi delle iniziative culturali in programma per il 2009.
Oggi Kairouan ha perso il grande ruolo politico del passato ma non ha mai smesso di contribuire all’arricchimento culturale in Tunisia e nei paesi arabi.
Kairouan è anche il simbolo del dialogo - in passato era punto di passaggio tra Medioriente e lato occidentale del mondo islamico – oggi, infatti, l’anno della cultura offre l’occasione di sviluppare questo tema grazie ad ospiti provenienti dal mondo arabo e dall’Europa e riaffermare l’antico ruolo della città guardando ad un futuro di tolleranza, dialogo e modernizzazione.
Kairouan è stata per due secoli una delle più ricche e influenti metropoli del Mediterraneo grazie alla dinastia degli Aglabiti, fondata nell’800 e dipendente dal califfato abbaside che ne fece la capitale di una provincia indipendente, l’Ifriqiya, l’Africa dei Romani.
Oggi il nome degli emiri Aglabiti, succeduti poi dai Fatimidi e principi Iridi, è rimasto legato ai larghi bacini circolari che si incontrano all’ingresso della città e che destarono l’ammirazione degli storici del Medioevo per il sistema complesso di serbatoi d’acqua.
Sotto il regno degli Aglabiti furono costruite sia la Grande Moschea sia la Moschea delle Tre Porte, tappa irrinunciabile nel percorso di scoperta della città per la sua facciata intagliata di fregi e iscrizioni in calligrafia araba tipica del luogo.
Kairouan è conosciuta come la città delle 300 moschee, ma in realtà ce ne sono 150. Camminando tra i vicoli stretti e bui illuminati da piccoli lampioni, attraversando il colorato souk dove ogni bancarella offre preziosi tesori, dai tappeti al pane, ai makroudhs, il dolce tipico, si incontra in ogni angolo una moschea.
Molti degli abbellimenti aggiunti alle moschee, i manoscritti calligrafici, ceramiche e bronzi delle epoche aglabita e fatimide sono custoditi nel Museo di Raqqada, poco distante dal centro.
“Kairouan è soprattutto la città dei tesori nascosti ed una leggenda ci racconta che un giorno un padre prima di morire disse ai tre figli: sotto questa terra vi lascio un tesoro ma dovete cercarlo. I tre giovani iniziarono a scavare, cosa che non avevano mai fatto prima, e nacquero così alberi, frutta, verdura e fiori. Scontenti si lamentarono perché non avevano trovato nessun tesoro.
Solo dopo anni capirono che la terra era il loro più grande tesoro”.
Fonte: I Viaggi di Repubblica. -
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Kairouan, la città degli artisti
Si racconta che quando Paul Klee arrivò a Kairouan nel 1914 ebbe uno chock estetico. Fu colpito dalla luce della città e cercò di riportarla ne suo dipinto "Alle porte di Kairouan" che mostra un angolo dell'edificio dove è custodita la tomba del marabù Omar Abada.
Quella stessa luce ispira ogni giorno pittori, poeti e scrittori kairouanesi che non riescono a trasferirsi altrove proprio per non separarsi da questa inesauribile fonte d'ispirazione.
La luce di Kairouan è nei dipinti di Hammadi Skik, artista eclettico che spazia dall'olio su tela ai pastelli, agli acquerelli dipingendo non solo paesaggi astratti ma anche persone superando il limite della religione islamica che vieta la raffigurazione dell'umano.
Lo stesso faranno il ritrattista Romdhani Abdellatif e il pittore Ahmed Hamida, convinti che "dipingere è la meditazione dell'anima", riuniti dal 1997 nell'associazione "Artisti di belle arti di Kairouan" che per l'anno della cultura regalano alla città un affresco in bassorilievo su una parete del centro cittadino.
Fonte: I Viaggi di Repubblica. -
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Il Museo dei Tappeti
Le artigiane delle geometrie
Il colore dei tappeti di Kairouan è quello del montone. Se ne trovano in ogni angolo e in tutte le misure, ma le sfumature non cambiano: si va dal marrone al beige.
Nei laboratori di tessitura si può ammirare il paziente lavoro delle artigiane che realizzano, nodo dopo nodo, quadri raffiguranti geometrie che simboleggiano la cultura e l'urbanizzazione araba.
Il suo centro è identificato con la moschea, ma non mancano elementi naturali, fiori, piante e uccelli, sempre messi in relazione con gli astri.
Uscendo dal souk si arriva facilmente al Museo dei Tappeti su Rue Ali Zaouaoui aperto dal 1952. Oltre l'esposizione di tappeti di vario tipo, dai più moderni ai preziosi esemplari dell'antica tradizione tunisina tra cui i mergoum, provenienti dal mondo berbero, il museo offre la possibilità di assistere al rito della certificazione.
I tappeti vengono realizzati in lana o in cotone e sono divisi in categorie in base alla qualità che a sua volta dipende dal grado di perfezione.
La modalità di realizzione più antica prevede 40 mila nodi per mq., oggi si può arrivare anche a 90 mila a mq.
Il lavoro è molto impegnativo: ci vogliono molti mesi per realizzare un tappeto.
Fonte: I Viaggi di Repubblica.