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M U R P H Y.
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Finalmente!
Ooh! Bianca, mi aspettavo una tua iniziativa del genere... tu hai tanto da raccontare e sei sempre molto precisa, quindi oltre ad una scorrevole narrazione fornisci informazioni molto utili.
Attendo i prossimi episodi!. -
Bianca Maria.
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Dopo Gulfoss abbiamo proseguito verso Þingvellir. La strada era praticamente deserta, decine e decine di chilometri senza incrociare un’altra automobile: un aspetto gradevolissimo per noi abituati al traffico caotico, che abbiamo riscontrato poi anche nei giorni seguenti in diverse zone dell’isola.
Il parco nazionale di Þingvellir racchiude una piana ai margini della fossa tettonica, che segna il confine tra la zolla europea e quella nord-americana. Da nessun'altra parte la frattura fra le due zolle è più evidente: la piana infatti è attraversata da gole e crepacci, che creano una morfologia del terreno particolarissima. Abbiamo passeggiato un po’ lungo un sentiero ben curato che si snoda lungo la gola dell'Almannagjà, fino alla cascata dell'Oxararfoss.
Era ormai quasi sera quando abbiamo ripreso la macchina per proseguire verso la penisola dello Snæfellsnes, dove abbiamo pernottato.
Il giorno seguente ci siamo svegliati prestissimo e, dopo un’abbondante prima colazione in perfetto stile islandese (aringhe affumicate con pane scuro, affettati e altre leggerezze simili), ci siamo imbarcati per un’escursione di whale watching. Se si ha fortuna, da qui, è possibile avvistare le balenottere azzurre che tra luglio e agosto si avvicinano alle coste della penisola. Purtroppo la balenottera azzurra è una specie a rischio di estinzione e ogni anno diventa più rara come pure la possibilità di avvistarla. Il mare quel giorno era decisamente mosso e non abbiamo potuto spingerci sufficientemente al largo per avere qualche possibilità di avvistamento. Abbiamo incrociato però diversi gruppi di orche, alcuni anche con cuccioli, e devo dire che mi ha dato un’emozione indimenticabile poterle ammirare nel loro ambiente naturale, mentre accompagnavano la nostra imbarcazione con salti e spruzzi, come se volessero giocare con noi. Sono le visioni e i momenti come questi che ti addolciscono dentro e ti fanno sperare che la nostra terra non sia destinata a soccombere ai danni e alle ferite che l’uomo, incoscientemente, non smette di procurare al suo fragile equilibrio ambientale.
Della penisola dello Snæfellsnes conservo altri ricordi indelebili: Arnarstapi, con le sue quattro case appollaiate in alto sulla nera scogliera, sopra il minuscolo porticciolo, che ci ha accolto una sera con le alte grida e i voli dalle intricate traiettorie di centinaia di gabbiani e procellarie;
la deserta Ytri-Tunga, dove ho respirato un'atmosfera molto bella: la sabbia dorata con davanti una distesa di rocce nere irregolari che si spingono in mare e sugli scogli al largo le foche distese al sole, la voce dell’oceano che si frange sugli scogli e l’odore salmastro di mare e alghe che riempie le narici, mentre in alto si scorge il volo circolare di due falchi;
Lysuholl, la fattoria dove abbiamo pernottato in un paesaggio idilliaco immerso nel verde e dove abbiamo avuto il primo incontro con i dolcissimi cavalli islandesi.
Ma altri luoghi ci attendevano e ormai era tempo di ripartire verso la prossima meta: Olafsfjordur, nell’estremo nord dell’Islanda.
Continua …
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tahyde.
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davvero un bel racconto bianca maria..panorami suggestivi che non riesco a raffigurarmi da quanto sono lontani . -
venere69.
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complimenti Bianca Maria bellissimo racconto,non vedo l'ora che arrivi il seguito ciao baci . -
Bianca Maria.
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Grazie, siete molto gentili . Spero di riuscire a postare il seguito quanto prima.
Ciao
Bianca Maria. -
Bianca Maria.
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Continuo il mio racconto, prima che Murphy mi sgridi ...
Olafsfjordur è un tranquillo villaggio incastonato in fondo ad un piccolo fiordo che si apre nella parte settentrionale del Eyjafjordur, il fiordo maggiore dell’Islanda settentrionale. Il paesaggio è idilliaco: montagne innevate che arrivano al mare e valli verdeggianti d’erba umida, punteggiata dai lievi piumini candidi del cotone islandese e chiazzata a tratti da alte spighe di fiori violetti, tipici di queste zone.
Noi avevamo deciso di prenotare qui, un po’ irrazionalmente: il posto era incantevole, ma decisamente decentrato rispetto alla zona che ci eravamo prefissati di visitare e cioè Myvatn e Husavik; ma la razionalità non guida sempre le mie scelte e dopo aver visto le foto del luogo, i chilometri in più che avremmo dovuto percorrere per spostarci, mi sono sembrati irrilevanti e ho prenotato. Siamo arrivati verso sera, l’aria era decisamente più fresca rispetto al sud dell’Islanda, ma il cielo era terso e il cottage in riva al laghetto che avevamo riservato era lì, accogliente, ad attenderci.
Il giorno seguente siamo partiti presto per l’esplorazione della zona di Myvatn. In questa zona, posizionata lungo la linea della dorsale medio-atlantica, la crosta terrestre è più sottile che in qualsiasi altra parte e perciò vi si trova una gran quantità di fenomeni vulcanici e geotermici. Abbiamo passato tutto il giorno fra gli pseudocrateri nella zona sud-orientale del lago, le torri laviche dalle forme bizzarre di Dimmuborgir, le sorgenti bollenti di Bjarnarflag e le fumarole, le pozze di fango ribollenti e i camini di vapore di Hverarond. Per me, che ho lo spirito della geologa anche se non le conoscenze, è stato elettrizzante passeggiare in questi scenari da inferno dantesco, con l’odore di zolfo che riempiva le narici, mentre sotto ai piedi sentivo vibrare la terra.
L’ultima tappa della giornata è stato il cratere di Leirhnjukur, uno spettacolare bacino di fango ribollente incrostato di zolfo, che abbiamo raggiunto dopo una passeggiata di circa mezz’ora su campi lavici, segnati da profonde fenditure e ricoperti da una pallida e stentata vegetazione di muschi e licheni, che appena iniziano a colonizzare il terreno dopo l’ultima eruzione.
Era già tardi quando siamo rientrati a Olafsfjordur, ma tanto il sole era ancora alto e non sarebbe tramontato che verso mezzanotte.
Per cena abbiamo fatto l’esperienza della nostra prima pizza islandese, che devo dire era meno peggio di quanto immaginassi . Oltre al merluzzo e al salmone, sembra che anche la pizza sia un piatto molto apprezzato in Islanda. La si trova quasi ovunque. E' curioso leggere i nomi delle pizze sui menù: ogni locale inventa i nomi più improponibili. Abbiamo scelto la pizza Leonardo di Caprio (con tonno e gamberetti) e la pizza Nicole Kidman (di cui non ricordo gli ingredienti); ho saputo che in un locale di Akureyri sfornano anche le pizze Inter, Juve e Milan.
Il giorno successivo avevamo in programma una seconda escursione di whale watching, con partenza da Husavik. Sebbene le condizioni meteorologiche fossero perfette, con cielo terso e mare perfettamente calmo, è stata un'esperienza alquanto deludente, soprattutto se paragonata alla prima esperienza di qualche giorno prima. Abbiamo avvistato tre o quattro volte, per pochi istanti, una balenottera comune, però da lontano. Peccato, perchè il giorno precedente, nella baia di Husavik, era stata avvistata una megattera.
Era ormai tempo di proseguire verso la tappa successiva, Egilsstaðir, passando per il parco nazionale dello Jokulsargljufur e per la cascata di Dettifoss.
Continua....